L’importanza di chiamarsi Milan

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milan.bandiereMolto probabilmente non sapremo mai perché è stato ucciso John Fitzgerald Kennedy.

E nemmeno sapremo mai qual è il 3° segreto di Fatima.

Sappiamo però che una cosa è certa: anche nel calcio degli sceicchi e dei petrodollari la storia e il passato conquistato sul campo hanno ancora un valore, per fortuna.

Nell’arco delle ultime tre-quattro settimane abbiamo assistito a due episodi degni di grande rilievo sotto l’aspetto non solo tecnico–amministrativo ma dell’immagine di una azienda calcistica.

Il primo è la cessione di una quota cospicua dell’A.C. Milan al broker thailandese Teaucheabol. Del sig. Berlusconi Silvio si può dire tutto e il contrario di tutto. Non a tutti è simpatico e non a tutti sono graditi i suoi comportamenti ed atteggiamenti. Tutto ciò premesso non si può discutere che dal punto di vista imprenditoriale non è secondo a nessuno.

Il sig. Berlusconi Silvio ha venduto la quantità che voleva al prezzo che voleva. Questi sono fatti. E a nulla valgono le doglianze e i dubbi del sig. agnelli (scritto volutamente minuscolo per distinguerlo dall’Agnelli vero, l’Avvocato per definizione). Il sig. agnelli prenda una calcolatrice e faccia pure i suoi conti, se ne è capace. E provi lui a fare il venditore. La capacità imprenditoriale di Berlusconi nel corso della trattativa con il sig. Bee è stata perfetta.

Berlusconi ha esposto, ha offerto, ha ascoltato, ha rilanciato, ha teso la mano e l’ha ritirata quando necessario, ha sorriso e si è arrabbiato al momento giusto, ha preso e rilanciato, con un tempismo degno del miglior stratega. Sono certo che riuscirebbe a vendere i ghiaccioli agli Esquimesi o una Panda del 1980 a 10.000, 00 Euro, se solo volesse. Chapeau.

Il secondo episodio è la trattativa intavolata per portare Jackson Martinez al Milan. Anche qui abbiamo assistito ad un esempio di comportamento impeccabile da parte del Dott. Adriano Galliani, il nostro geometra. Amministratore Delegato.

Forte stavolta della disponibilità economica il Dott. Galliani è andato dal Presidente del Porto, ha preso atto delle richieste della società lusitana, proposto, ha trattato (come è giusto che fosse) le migliori condizioni economiche possibili, ha poi accettato il pagamento della clausola rescissoria per intero ma con un leggero ritardo. Poi ha rivolto le sue attenzioni all’entourage del calciatore, offrendo ciò che un professionista affermato si aspettava di sentirsi offrire. Dopo di che, alla controfferta del manager che ha detto “abbiamo anche altre offerte di altre squadre”, voglio immaginare che il Dott. Galliani, guardando diritto in volto la sua controparte, abbia ribattuto:

gentile signore, prendo atto. Ma noi siamo il Milan. Guardi la nostra bacheca e studi il nostro passato. Quando il suo assistito è venuto al mondo noi c’eravamo già ed avevamo già vinto parecchio. Abbiamo una storia alle spalle. Il suo assistito è libero di accettare le offerte di chi vuole, ma non ci metta sullo stesso piano di altri che nemmeno lontanamente ci pareggiano, anzi, ci invidiano e vorrebbero essere come noi. Se vuole, sa dove trovarmi. Arrivederci”.

Per fortuna, e questo è un messaggio a tutti gli altri, Valencia, Arsenal, Manchester City, con tutto il rispetto, ne devono mangiare di pane nero per arrivare dove siamo noi.

Per fortuna, nell’epoca della comunicazione multimediale spinta all’inverosimile, la faccia, il coraggio, la serietà, l’impegno, la chiarezza, valgono ancora qualcosa. E, quando ben usate, bilanciano, quanto meno, il peso di un’offerta economica.

 

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