Il post Europa League ha un retrogusto più amaro che dolce per il Milan di Montella, nonostante abbia permesso il raggiungimento del primato solitario nel girone, a quota 6 punti. Il modesto Rijeka, ordinato e ben allenato, ha creato non pochi grattacapi al roster rossonero, apparso ancora una volta inconcludente e distratto, soprattutto a centrocampo e in difesa, dove Bonucci ha collezionato l’ennesima prestazione sotto tono, variamente farcita da interventi a vuoto e palle perse in maniera scellerata. La vittoria per 3-2, raggiunta all’ultimo minuto utile, grazie ad un bel gol del predestinato Patrick Cutrone, ha tolto a Montella le castagne dal fuoco, quando ormai mancano due soli giorni all’impegnativo match di campionato contro la Roma.
L’esonero di Ancelotti e la presenza di Gattuso a S. Siro dovevano del resto aver agitato già abbastanza l’animo del mister: un eventuale pareggio, raggiunto in maniera tragicomica contro un avversario modesto, lo avrebbe gettato nella bufera delle critiche. Il turnover ha lasciato un pò sorpresi, con Borini largo a sinistra, al posto di Rodriguez, e Calhanoglu interno di centrocampo, nel ruolo solitamente ricoperto da Bonaventura. Il primo ha tuttavia mostrato di essere pronto ad adattarsi anche in quella posizione per lui nuova: propositivo in fase di costruzione del gioco, pur mostrando qualche deficit in fase di chiusura, non ha mai smesso di proporsi e cercare il dialogo con i compagni di reparto. Il turco, sostituito poi dallo stesso Jack, ha messo a referto una prestazione deludente, impalpabile in fase offensiva ed inutile nei compiti di interdizione.
Alla luce delle ultime prestazioni della squadra, risultati a parte, viene da chiedersi come siano da spartire le responsabilità per il rendimento altalenante, tra Campionato ed Europa League, nonostante avversari per lo più di basso rango, eccezion fatta per Lazio e Sampdoria. Montella non è ancora riuscito a quadrare il cerchio, in eterna confusione tra moduli alternativi ed interpreti differenti. Ma quel che è peggio il gioco latita, la manovra appare bloccata, gli attaccanti sono troppo statici e la costruzione delle azioni ne risente negativamente. Possibile che un anno alle spalle non abbia permesso all’allenatore di partite avvantaggiato, grazie alla maggiore esperienza e al mercato faraonico, seppur criticabile, messo a segno in estate ? É plausibile che tutto questo sia dovuto, come lo stesso Montella afferma, alla mancanza di autostima e alla giovane età dei calciatori ? Difficile crederlo.
Le responsabilità sembrano dover essere non egualmente suddivise tra società e allenatore: la prima ha speso molto senza essere in grado di acquistare fuoriclasse e giocatori sin da subito pronti per far compiere alla squadra un netto salto di qualità, il secondo è stato incapace di fare uno step in avanti rispetto alla stagione scorsa, pur disponendo di giocatori migliori e funzionali alle proprie idee tattiche.
Ecco quindi che le ombre di Ancelotti, fresco di esonero, e di Conte, per sua stessa ammissione intenzionato a tornare in Italia, aleggiano minacciose sul capo di Montella. Al quale non resta che consolarsi con l’abbraccio collettivo ricevuto a fine partita, a dimostrazione che il gruppo crede ancora pienamente nel suo capo brigata.