Philipp Lahm, quando la completezza è un’arte

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Un grandissimo calciatore dei nostri tempi, un terzino come ce ne sono pochi. In realtà definirlo terzino è assai riduttivo, perchè questo giocatore ha sempre avuto la rara qualità di comportarsi benissimo ovunque lo si mettesse in campo. Un tuttocampista, si potrebbe ben dire. Philipp Lahm nasce nel novembre 1983, a 11 anni entra nelle giovanili del Bayern Monaco, squadra con la quale poi farà la storia. Fino a questa stagione, l’ultima. Perchè Lahm si ritira, e lo aveva annunciato in anticipo, il 7 febbraio 2017. Chiude in bellezza salutando tutti con un trofeo, l’ennesimo di una lunga serie.

Tempismo eccezionale, grande capacità di leggere l’azione avversaria, tecnicamente impeccabile, pulito, preciso, essenziale, tatticamente perfetto. Il sogno di tutti gli allenatori, anche di Carlo Ancelotti, che di lui proprio di recente ha detto: “Credo che paragonarlo a Maldini sia giusto. Entrambi hanno sempre giocato nello stesso club ed hanno molte cose in comune, come la professionalità, la qualità, la personalità ed il carattere. Credo che questo paragone sia un bene sia per l’uno che per l’altro”. In comune questi due campioni hanno anche un palmares infinito: Philipp Lahm con i bavaresi ha vinto 9 campionati, una Champions League, una Supercoppa Europea, un Mondiale per Club, 7 Coppe di Germania, tre Coppe di Germania ed una Coppa nazionale di Lega.

Ha fatto la storia del Bayern, dicevamo. Ma anche della sua nazionale. Campione del mondo nel 2014, vicecampione europeo nel 2008: è proprio il suo gol alla Turchia a regalare alla Germania la finalissima di quei campionati continentali. Fascia di capitano sia in nazionale che nel Bayern: toccò a lui dopo che Van Bommel fu ceduto al Milan.

In carriera Philipp Lahm non ha mai avuto paura di dire la sua, anche quando si trattava di pensieri scomodi. Come quando, nel novembre 2009,  fu multato dal suo club per aver apertamente criticato e accusato la squadra di non avere una filosofia di gioco. Come quando, nel 2016, a proposito delle modalità di assegnazione del Pallone d’Oro, disse che questo premio: ” è diventato un voto per il “miglior attaccante del mondo”. Non è il mio punto di vista di difensore amareggiato, ma un fatto oggettivo e statisticamente provato. Credo che ogni premio messo in palio dalla FIFA non debba essere un premio di marketing che onora soltanto i protagonisti più visibili sui media. Forse non dovrebbe esistere un premio individuale in uno sport di squadra, ma (in aggiunta alla top 11) sarebbero più adatti quattro premi singoli per il miglior portiere, il miglior difensore, il miglior centrocampista ed il miglior attaccante. “ Uno, o più di questi premi, di certo Lahm se li sarebbe aggiudicati. Ma non importa, ha vinto cose ben più importanti di un pallone d’oro.

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