Approfondimento tattico: la palla lunga

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Buongiorno. Come anticipato (e promesso…) “Uno sciagurato punto di vista” presenta la seconda parte dell’approfondimento tattico dedicato alla contrapposizione tra i sostenitori della costruzione dal basso e quelli della palla lunga.

Nella prima parte ci eravamo occupati di definire meglio la costruzione dal basso e sottolineare anche dal punto di vista numerico e statistico quali fossero i “punti” a suo favore e portati dai suoi sostenitori a supporto della loro “fede”.

Oggi, facciamo lo stesso relativamente alla palla lunga.

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Partiamo col dire che, in linea generale, personalmente ritengo che nel calcio siano possibili diversi approcci. Tutti possono dare risultati se applicati in un contesto ideale che però ne amplifichi gli effetti positivi.

La palla lunga, se codificata, può essere più di un’alternativa. “Io penso che il calcio si sia perso nel concetto di Tiki-Taka. Il punto non è avere il controllo del pallone ma cosa farci con quel pallone tra i piedi. Perché se è più utile fare un solo passaggio, decidi di farne cinque per raggiungere lo stesso risultato? Devi giocare conoscendo i tuoi punti di forza e giocarci assecondandoli”. Questo è il manifesto calcistico di Kasper Schmeichel – portiere del Leicester dei miracoli – espresso in Fearless Foxes: Our Story, il documentario ufficiale uscito nel 2020 e dedicato all’impresa della stagione 2015/2016.

Andando in controtendenza rispetto alla mentalità dominante, quella dell’uscita palla al piede in quanto dogma irrinunciabile, cerca di dimostrare che non tutti si arrendono alla sindrome del possesso palla ossessivo-compulsivo. Una sorta di ribellione pacifica, insomma. Le rivoluzioni calcistiche che vanno dal calcio totale olandese al pressing sacchiano, passando per la ventata spagnola con Guardiola, hanno scandito le epoche sportive ma non puntano a consolidarsi nel tempo. Allora, chi ha deciso che la ripartenza non possa essere eseguita e supportata dall’utilizzo della cosiddetta “palla lunga”? Lungi nel cadere in semplici forzature nostalgiche di altri tempi, o in logiche da “si stava meglio quando si stava peggio”, il concetto è che si può anche pensare di giocare lo sport più bello del mondo in modi differenti. Chi lo ha detto, quindi, che non si possa tornare ad una rivisitazione nell’utilizzo delle due punte (evviva!!!) dopo la rivoluzione copernicana del falso nueve? Ancora, chi ha deciso che la ripartenza non possa essere considerata bella? Quello di bellezza è un concetto estremamente elastico: attenendoci a canoni calcistici la bellezza la si può ricercare in un intervento di un difensore piuttosto che in un utilizzo sapiente della tattica del fuorigioco. Bellezza, la cui radice etimologica latina bellus è il diminutivo di una forma antica di bonus, coincide con il significato di bene, di buono, spesso con giusto.

È giusto etichettare la palla lunga come un “male”?

È giusto affermare che chi gioca un calcio verticale, fatto di poco possesso, metta in mostra una idea di calcio antiestetica?

No, assolutamente no. Si può essere belli essendo anche buoni.

Tradotto in “calcese”: si può essere belli giocando in maniera concreta ma, soprattutto, funzionale alle proprie attitudini.

La cosiddetta “palla lunga” non dev’essere vista come realizzazione di un sistema casuale, bensì rappresenta un ulteriore modo di giocare con tempi, smarcamenti, ed accompagnamenti ben precisi.

Per ottimizzare al meglio questo sistema, è obbligatoria la presenza di giocatori che accompagnino e raccolgano la sponda. Il Verona di Juric è un esempio in tal senso

Anche la costruzione, seppur meno elaborata, è comunque inserita all’interno di dinamiche provate e studiate. Questo modello di gioco chiaramente deve presentare determinate caratteristiche nell’organico della rosa:

  1. sicuramente il requisito principale è rappresentato dalla presenza di un giocatore in avanti – spesso ma non sempre un attaccante, lo abbiamo detto, vedasi Lazio/Milinkovic – dotato di una fisicità tale da poter sfruttare questa situazione di gioco; se poi alla fisicità abbina la tecnica, ancora meglio, in modo da poter costruire anche trame di gioco più elaborate nello stretto.
  2. altro requisito importante è la presenza di giocatori con un calcio preciso, a partire dai difensori: è necessario un difensore capace di trovare la verticale con facilità e precisione, in modo da poter innescare i giocatori offensivi.
  3. infine, per ottimizzare al meglio questo sistema, è obbligatoria la presenza di giocatori che accompagnino e raccolgano la sponda – piuttosto che guadagnare la profondità – in base ai movimenti del proprio Totem offensivo. Con questi requisiti, si può costruire un sistema efficace tanto quanto quello posizionale, ovvero la palla lunga codificata.

La palla lunga parte dall’assunto che si debba sfruttare il campo nella sua (totale) verticalità: ciò non vuol dire che l’ampiezza sia un nemico da fuggire ma che semplicemente, date determinate qualità, la palla lunga codificata permette di eludere la prima pressione avversaria scavalcandola.

A questo punto è tutta la squadra che, come una macchina dai meccanismi ben oliati, si deve mettere in moto.

La raccolta delle seconde palle è essenziale insieme al concetto di transizione, perchè affidarsi ad un lancio lungo non sapendo come sfruttare una eventuale sponda è cosa da folli.

Il senso della codificazione della palla lunga sta proprio in questo: sapere che tale soluzione deve fare coppia con un movimento armonico, e per questo codificato (“quando accade questo, fai questo”), dell’intera squadra pronta a raccogliere le sponde.

Gli esterni devono poi sovrapporsi, sfruttando la capacità dei centrocampisti nel trasformare le sponde in imbucate. I centrocampisti diventano fondamentali perché, dal loro lavoro di riempimento dell’area, dipende la riuscita di un’azione offensiva ben bilanciata. A questi è demandata inoltre la responsabilità di allargare le difese avversarie, e l’onere di dover ripiegare velocemente in fase di non possesso. Anche I Fedayn della palla lunga sanno bene, quanto i Talebani del Tiki-Taka, che la fase di transizione dev’essere curata nei minimi particolari. Naturalmente un calcio orizzontale sfrutta una transizione che si sviluppa in ampiezza piuttosto che in verticale ma il risultato (e l’obiettivo) non cambia: rompere e superare la pressione avversaria. La pagina più bella, coinvolgente, epica del calcio contemporaneo non sarebbe mai stata scritta senza il “long ball”.

I vantaggi di giocare un calcio diretto quindi sono diversi:

  1. la transizione veloce;
  2. l’elusione del pressing avversario;
  3. lo sfruttamento delle palle inattive;
  4. la superiorità posizionale di avere più giocatori offensivi in area avversaria.

Riuscire a trasferire un modo di giocare basato sulla palla lunga è estremamente più breve, in termini di apprendimento di squadra, rispetto all’improntare un gioco posizionale ed inoltre la palla lunga è una soluzione valida anche per i momenti di emergenza all’interno della partita – come detto la Lazio spesso alza la palla su Milinkovic-Savic, la Juve a volte lo faceva su Mandzukic, l’Inter lo fa su Lukaku, il Milan su Ibrahimovic, la Roma su Dzeko etc.

I più scettici potrebbero obiettare che non avere il pallino del gioco, al giorno d’oggi, comporti degli svantaggi enormi. Per certi versi è vero ma infine, in termini di efficacia, è il risultato che conta. Un calcio basato su poco possesso, verticalizzazioni fulminee e palle lunghe in profondità può sfruttare il movimento degli attaccanti, le seconde palle e le incursioni degli esterni.

Un centrocampo dinamico permette di assorbire i capovolgimenti di fronte, proteggendo la propria porta.

Ogni situazione in realtà è particolare (badate bene, dipende tutto dalle qualità dei calciatori a disposizione).

L’ossessione per il cosiddetto bel gioco rischia di diventare qualcosa di dittatoriale e totalitario se si pensa ad esso come l’unico modello possibile. Invece, si può vincere anche senza seguire il gregge e che il segreto della felicità sta nel dare ascolto alla propria natura, anche se differente rispetto allo spirito (e al canone) del tempo.

Ritornare al lancio lungo sistematico è certamente una scelta anacronistica e masochista. Bisogna incentivare l’introduzione di concetti diversi per evitare l’appiattimento.

D’altronde la storia è fatta di cicli: in ogni periodo il sistema dominante ci sembra eterno, ma non si tratta altro che di prodotti storici.

Non credo di poter affermare che il calcio verticale, fatto di poco possesso, sia la migliore predisposizione tattica da adottare sempre e comunque.

Quando Galileo Galilei, in merito all’abiura della sua teoria eliocentrica, sfociò nel celebre “eppur si muove”.

Oggi si potrebbe immaginare che chi venga inquisito dagli esteti del calcio contemporaneo in quanto colpevole di ricorrere alla palla lunga come arma tecnico-tattica, potrebbe pronunciare queste parole: “eppur si vince”.

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In questo precedente articolo invece abbiamo approfondito la costruzione dal basso > LEGGI.

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