La Coppa scomparsa

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La Champions League 2020 si conclude (e già questo è un successo) con la vittoria della squadra più forte, più bella, la migliore di tutto il lotto, quella che ha giocato certamente meglio delle altre. La finale, a mio avviso, è stata bella ed avvincente perché il risultato è stato sempre in bilico. Il Bayern ha prodotto sin dall’inizio un pressing furioso recuperando palla spesso in avanti. Neuer è tornato sui livelli di eccellenza da miglior numero 1 del mondo e abbiamo rivisto il già noto “libero con i guanti”. Nella formazione iniziale schierata da Flick 6/11 erano “tedeschi di Germania” a conferma dell’incancellabile anima teutonica di questa squadra.

Nella serata non eccezionale di Gnabry, è stato decisivo Coman, forse troppo presto esaltato per essere poi (troppo presto?) scartato a casa nostra, come spesso accade. Ma la differenza l’hanno fatta la sostanza, la grinta, la determinazione di Muller che rincorre un avversario a pochi minuti dalla fine, la disponibilità al sacrificio di Lewandosky bomber eccezionale che però non pensa soltanto a segnare e a collezionare record ma gioca, se serve per i compagni prendendo botte come un Petagna qualsiasi, la classe e la lucida regia di Thiago Alcantara portato al Bayern dall’odiato Guardiola, la versatilità di Kimmich, giocatore universale che sa fare veramente tutti i ruoli. Il PSG ha sbuffato e sofferto, sperando nella vena realizzativa dei tre lì davanti, che in realtà molto (anzi troppo) hanno sbagliato e soprattutto hanno sbagliato nel momento meno felice: la finale di Champions. Perché se per poter giocare con quei tre là davanti (che per DNA danno poco in fase di non possesso) smetti i panni di un Tuchel qualsiasi e ti travesti da Mago di Oz inventandoti Marquinhos perno del centrocampo ma poi le cose non vanno come pensavi, allora fa male veramente.

La tattica del PSG era chiara. Accettare la superiorità del Bayern prendendo ovviamente i rischi che ne conseguono, ma poi, ad ogni occasione possibile lanciare i componenti per armare il trio dei fenomeni secondo il famoso schema del Menga: “se hai Neymar lì davanti è meglio tu te lo tenga”. Tuchel da Oz non si è nemmeno giocato la carta Icardi e questo in effetti dà un po’ da pensare. Tornando alla partita, a volte la tattica studiata è anche riuscita ma nella conclusione a rete i Parigini hanno molto peccato, non solo in pensieri e parole, ma nelle opere e nelle omissioni (di precisione al tiro). E questo a certi livelli diventa un fardello difficile da sopportare. Cos’è mancato?! Lucidità? Cattiveria? Forse la settimanale facilità con la quale il PSG maltratta le altre della Ligue 1 non è (questo sì) abbastanza “allenante” per poter vincere a certi livelli? Di contro, bisogna dire che al minuto 88 nei quarti contro l’Atalanta i Francesi erano già con le valige pronte per tornare a casa. E qualcuno penserà che il calcio quello che ti dà con una mano con l’altra te lo toglie. Resta, per il PSG, la soddisfazione di essere quantomeno giunti all’atto finale. Rinforzare questa squadra sarà però difficile, specie se il sistema di gioco sarà lo stesso e gli interpreti anche.

Cosa ci resta, in conclusione, della Champions 2019-2020? Per noi Italiani veramente poco, se non amare considerazioni.

Negli ultimi 30 anni delle squadre in possesso di chiaro lignaggio calcistico hanno vinto la Coppa: il Milan 4 volte (1990, 1994, 2003, 2007), la Juventus (1996), l’Inter (2010), l’Ajax (1995). Abbiamo poi assistito al passaggio di carneadi come la Stella Rossa Belgrado (1991), l’Olympique Marsiglia (1993), o apprezzato vittorie come quella del Porto (2004) che, espressione di una scuola calcistica tradizionale e di valore, ha bissato un precedente successo. Totale, 10 su 30. Per il resto, 20 su 30, la Coppa è stato un affare tra Spagnole, Inglesi e Tedesche. Agli altri le briciole, carneadi inclusi.

È un dato di fatto. La Champions è scomparsa nel Triangolo (calcistico) delle Bermude.

Perciò, piuttosto che vivere di ricordi (“ho vinto 7 Champions League”), di occasionali opportunità (“Ronaldo, portaci la Champions”), di fantomatici, nonché inesistenti, record (“noi abbiamo fatto il triplete”), le società Italiane farebbero bene ad osservare come si fa per poter competere e magari (Dio volesse) ad iniziare anche a metterlo in pratica per colmare il divario attuale, ahimè, di anno in anno sempre più profondo.

Ah, a proposito, non andate, novelli capitano Akab, alla ricerca della Coppa nel Triangolo delle Bermude, potreste non tornare più.

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