Almeno non siamo più nelle mani di mister X

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yonghongLiLa “favola” cinese, se così la vogliamo chiamare, è durata poco più di un anno. Dall’aprile del 2017 al luglio 2018 ne sono successe di cose, anche se, ora come ora, ci troviamo allo stesso punto da cui eravamo partiti. Quest’ultima mia frase però, forse, non è così vera. Mi spiego meglio. Ogni volta che una società cambia di proprietà passa inevitabilmente un periodo di destabilizzazione dovuto ai cambiamenti nei ruoli dirigenziali, nelle strategie e nello stile comunicativo. Il cambiamento, per l’appunto, muta un qualcosa a cui ci si era abituati e ci porta verso un qualcosa di nuovo che dobbiamo ancora scoprire e capire.

Con l’avvento di Yonghong Li, il Milan ha mutato assetto societario, ha cambiato i propri personaggi di rappresentanza, ha cambiato stile comunicativo e ha cercato di darsi una nuova identità. Si è passati infatti da un presidente di spicco, da una figura carismatica e accentratrice, come era quella di Silvio Berlusconi, ad una persona schiva, di poche parole, con gli occhi a mandorla ed idee tipicamente orientali come Yonghong Li. Siamo passati dai colpi faraonici-last minute (Nesta, Rui Costa, Ronaldinho, Ibrahimovic) o parametro zero dell’ultimo periodo (evitiamo nomi) di Adriano Galliani, ad un mercato fatto di tanti acquisti di discreto/medio livello o di potenziali giovane promesse annunciati e presentati tramite Facebook e social vari dal duo Fassone-Mirabelli. Siamo passati dall’essere protagonisti in Europa all’essere esclusi dalle competizioni continentali per non aver rispettato diversi parametri richiesti dall’UEFA.

Dopo le ultime due-tre stagioni della presidenza Berlusconi, in cui abbiamo dovuto soffrire e stringere terribilmente la cinghia, abbiamo pensato che potesse iniziare una nuova straordinaria avventura sotto la guida del misterioso Li Yonghong arrivato dal Sol Levante. Un anno dopo ci ritroviamo impantanati ancora con l’esigenza e l’impellente necessità di dover ripartire, e subito. Ci ritroviamo al punto d’inizio, ma questa volta, seppur il regno non sia destinato a durare lustri o decenni (dal momento che Elliott è un fondo d’investimento ed il suo obiettivo è produrre guadagni e ricavi), la situazione pare essere diversa.

In questa occasione infatti il nostro nuovo proprietario, Paul Singer, è una persona fin troppo conosciuta, e con la disponibilità di capitali che tutti conoscono, non come Li di cui, ancora oggi, tutti si chiedono da dove abbia preso tutti quei soldi. Anche se la vera domanda è un’altra: perché il cinese ha sborsato centinaia di milioni di euro per poi perdere il suo investimento dopo così poco tempo a 0?

Ma torniamo a Singer, che ha promesso di riportare il Milan alla stabilità e di farlo ritornare una società virtuosa (per poi ovviamente rivenderlo al miglior offerente, ma, perlomeno questa volta lo sappiamo fin da subito). Con questo ennesimo ribaltone a livello societario ci saranno inevitabilmente dei cambiamenti a livello dirigenziale e, di conseguenza, delle strategie diverse.

Dovremo quindi abituarci a un qualcosa di nuovo, però, perlomeno questa volta sappiamo che il Milan non è più nelle mani di mister X.

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