La lavagna tattica di Egidio – episodio 1
Comincia oggi una serie di articoli dedicati alla tattica e al modo con cui le squadre vengono disposte sul campo e su come affrontano le varie fasi del gioco. Ritengo che l’approfondimento della tattica sia uno strumento utile per poter meglio giudicare il comportamento di un allenatore e dei calciatori, in modo indipendente dal risultato di un incontro. Sapere di tattica ed appassionarsi ad essa è anche uno strumento contro la violenza. Se chi va allo stadio fosse realmente interessato a quello che accade sul campo, avrebbe meno tempo per insultare il tifoso avversario. Ricordo che quando frequentavo assiduamente gli spalti, mi meravigliavo di come i tifosi più accaniti e collerici fossero quelli che stavano permanentemente con la spalle voltate al campo, ad intonare cori di incitamento (cosa peraltro apprezzabilissima), cioè quelli che… non vedevano la partita! Peccato che alla fine fossero loro quelli più avvelenati contro l’arbitro o contro la squadra. Adesso a tanti anni di distanza, non mi meraviglio più.
Per cominciare, fatevi una domanda (e se possibile, datevi anche la risposta): la mia squadra come si schiera sul campo?
Siete in grado autonomamente di riconoscere il modulo di gioco che applica o vi fidate ciecamente di quello che dice il telecronista di turno? Per iniziare, cercate di applicare due semplici regole.
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quando si osserva una partita alla televisione (meglio ancora allo stadio) non guardate i movimenti della palla, ma fate attenzione a quello che succede intorno;
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sul rilancio da fondo campo del nostro portiere cercate di riconoscere il posizionamento dei giocatori. Fate altrettanto sul rilancio del portiere avversario.
Se riuscite nell’impresa, avrete acquisito una serie di elementi che vi porteranno a capire come la vostra squadra è messa sul terreno.
Ogni squadra cercherà di vincere mettendo in pratica quanto studiato in settimana ma soprattutto usando le qualità dei propri giocatori. E’ vero che ogni schema di gioco è valido in linea di principio se viene attuato con giocatori che sono utili allo schema stesso. Esiste un principio fondamentale su cui si basa l’essenza di ogni sistema di gioco: esso deve essere equilibrato, elastico e razionale.
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equilibrato: vuol dire che i giocatori devono essere equamente distribuiti sul campo;
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elastico: perché deve adattarsi facilmente ad ogni tipo di avversario;
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razionale: in quanto improntato sulle caratteristiche dei giocatori che si hanno a disposizione e sull’eventuale idea di gioco che si vuole attuare.
E’ altrettanto vero che non tutti gli schemi di gioco sono facili da realizzare allo stesso modo. In particolare, in questa occasione, prendiamo in esame uno schema molto difficile da realizzare bene (almeno per quanto mi riguarda) che è il 4-2-3-1.
In Italia l’ho visto fare bene dalla Roma di Spalletti che utilizzava Totti come falso nueve, aveva due esterni veloci e tecnici come Mancini e Vucinic ed un intermedio che aveva i tempi giusti dell’inserimento come Perrotta.
La difficoltà del 4-2-3-1 è che schiera due (sottolineo due) centrocampisti, che devono avere grande dinamismo ma altrettanta qualità. Il rischio è di trovarsi o con due uomini di rottura, perciò poco portati, per DNA, ad impostare e che hanno difficoltà contro le difese schierate, o due costruttori di gioco che però coprono poco e quindi espongono la squadra alla ripartenza veloce dell’avversario. L’ideale sarebbe averne uno per tipologia ma non è facile assemblarli. Ed anche avendoli disponibili, i due devono mostrare capacità di sacrificio in eguale misura nell’aiutarsi per attuare le due fasi.
Il presupposto del 4-2-3-1 è di avere gli esterni molto alti e larghi per aprire la difesa avversaria. Gli esterni validi per il 4-2-3-1 devono essere veloci e tecnici, avere capacità di saltare l’avversario per creare superiorità numerica o cercare l’uno-due con il compagno che concede loro l’appoggio per lo scarico della palla. Avrete infatti osservato che una volta in possesso di palla, l’esterno ha davanti a sé sempre un difensore ed un centrocampista che raddoppia. Lo scivolamento della difesa avversaria verso il lato forte dell’attacco, quello dove si trova la palla, fa sì che la densità in quella zona del campo aumenti.
Se la squadra che si difende si muove con l’energia e i tempi giusti, la densità nella zona della palla è tale che all’attaccante non restano che due possibilità:
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se è bravo, supera i due avversari, va sul fondo per metterla al centro;
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è costretto a tornare indietro e ricominciare da capo.
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Nel secondo caso, quello più frequente, ecco spiegato perché durante le partite succede di vedere il pallone che passa (devo dire spesso noiosamente) da una parte all’altra dello schieramento di attacco nelle speranza che il posizionamento della difesa sia ritardato nei tempi e si generi così lo spazio per arrivare in porta.
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