Miseria e nobiltà rossonera
Il giuoco del calcio è bello perché tutti abbiamo ragione, a prescindere. Proprio perché è un giuoco. Ma non possiamo avere ragione tutti insieme, bensì uno per volta.
Il giuoco del calcio è una questione di sentimenti e di emozioni. Di preferenze espresse sulla base di differenti sensibilità, tutte ugualmente valide.
Ed ogni giudizio espresso è analogamente valido se frutto di una elaborazione autonoma e non del più banale copia-e-incolla di altri giudizi.
Non è corretto chiedere se Pelè sia stato più forte di Maradona o viceversa, ma piuttosto chi si preferisce tra Pelè e Maradona, perché sul valore assoluto dei due non si discute.
Le pagelle non sono e non possono mai essere un giudizio assoluto ed universale su un giocatore. Se ci mettiamo tutti insieme a guardare una partita ognuno apprezza aspetti diversi della stessa e di ogni singolo giocatore, in funzione del proprio coinvolgimento personale (quanto mi interessa la partita? Sto tifando oppure no?), del proprio passato calcistico più o meno recente (a che livello sono arrivato a giocare?), delle proprie conoscenze sull’argomento (ho studiato il calcio oppure ho letto libri sul calcio?).
Le pagelle rappresentano perciò una valutazione assolutamente personale e, in quanto tale, altrettanto legittima, sulla prestazione di un giocatore con riferimento alla sua efficacia in quello specifico evento calcistico.
Si può discutere sul mezzo voto in più o in meno, ci sta. Ma assegnare 7,5 piuttosto che 5,5 ad un giocatore non autorizza nessuno a definirlo un fenomeno o, al contrario, una pippa al sugo. Chi prende 7,5 al compito di italiano non è autorizzato a sentirsi automaticamente l’erede di Dante Alighieri, così come posso testimoniare di persone che sbagliavano i compiti di matematica a ripetizione ma che hanno poi avuto successo nella vita.
Nel giuoco del calcio non esiste “chi capisce” e chi “non capisce”.
Non esistono allenatori che capiscono o che non capiscono.
Esistono allenatori che avendo delle proprie idee riescono a trasmetterle a giocatori che si rendono disponibili ad ascoltare ed eseguire. Poi ci sono quelli che non riescono, pur avendo idee altrettanto valide.
Esiste chi la pensa “come me” e chi la pensa “diversamente da me”. Nell’ottica del tifoso medio, normalmente, chi la pensa uguale, capisce. Perché così può orgogliosamente dire “ne capisco anche io”.
Se vado a teatro e lo spettacolo non mi piace non devo necessariamente dire che il regista è un incapace o che gli attori lo siano alla stessa maniera. Se voglio fischiare, fischio, perché ho pagato il biglietto ed è un mio diritto. Lo spettacolo non mi è piaciuto, stop.
Perciò, prima di affermare che qualcuno “non capisce un caxxo”, stabiliamo (se siamo in grado di farlo, ma siamo veramente in grado?) una serie di regole, rigorosamente oggettive, per discriminare chi capisce di calcio da chi non ne capisce e poi decidiamo se costui sta da una parte o dall’altra.
Chi partecipa alle trasmissioni dedicate che ci vengono propinate a ripetizione sino alla noia, ci va in quanto opinionista. Non è automaticamente detto che “capisca”.
Per quanto attiene poi al fatto che potremmo essere “cognati di Pioli”, grazie veramente della stima, ma anche no.
Lascia un commento