La Champions all’epoca del Covid19: Guardiola e Messi a casa con la coda tra le gambe
La Champions League atipica figlia di un maledetto anno bisestile con l’aggiunta del COVID19, nella formula voluta dall’UEFA per assicurarne la certa conclusione, ci regala nell’arco di sole 24 ore emozioni che non ci aspettavamo, sovvertendo pronostici e gerarchie ormai consolidate.
Le varie squadre sopravvissute arrivano alle porte della Final Eight di Lisbona diversamente preparate in funzione del termine della regular season nazionale. Succede che la Liga e la Premier (i campionati più ricchi in termini di soldi e di talento calcistico) si fanno i dispetti a vicenda (l’Atletico a febbraio fa fuori il Liverpool imbattibile, poi il City elimina il Real Madrid) restando però entrambe con un palmo di naso.
Ma andiamo con ordine, partendo dalla fine. Il Lione del violinista Rudy Garcia, squadra definita a priori scarsa e predestinata già ad una pessima figura contro i supercampioni d’Italia, gioca un brutto scherzo all’altra metà dei petrodollari guadagnando un meritato accesso ad una storica semifinale. Guardiola regala agli avversari il primo tempo (gol incluso) schierando una formazione senza capo né coda. Non si capisce perché si inventi Fernandinho come terzo centrale di difesa dedito al lancio alle spalle della difesa francese, Walker (!) e Cancelo come esterni di attacco (che però in fase di non possesso si abbassavano sino a formare una orrenda difesa a cinque). Ritengo abbia fatto tutto ciò nel tentativo di rivalutare sia Reja che Mazzarri. Nella ripresa ritorna ad un sistema di gioco più congeniale alle sue idee ed alle caratteristiche dei propri uomini, pareggia, crea occasioni e proprio quando sembra sul punto di tracimare verso la gloria imperitura, inciampa su un tale Moussa Dembelè.
In totale il Lione mette in piedi tre-contropiedi-tre- Nel farlo è agevolato dal calcio lento, inconcludente, ruminato del City nel primo tempo e poi dalla smania dei Citizens di portarla a casa entro il 90’ nemmeno fosse una pratica noiosa da sbrigare. Il resto lo fanno la poca qualità dei difensori inglesi, Ederson (che sarà anche bravo con i piedi) che dovrebbe ricordarsi quali siano innanzitutto i compiti principali di un portiere e lo sciagurato Sterling (che in italiano si traduce “Gagliardini”) il quale forse tifando per la totale riabilitazione di un certo Calloni (a suo tempo ricoperto dei peggiori insulti per molto meno) mette alto da zero metri la palla del 2-2. Al di là delle batture fuori luogo di un Domenech qualsiasi, però non posso fare a meno di osservare che i transalpini siano tuttora campioni del mondo e vice campioni d’Europa il che vorrà pur dire qualcosa.
Sull’altra sponda, invece il buon Rudy Garcia, che ha allenato in Italia ed evidentemente qualcosa deve avere imparato, tra un appunto e la lista della spesa da Esselunga, rimette la chiesa al centro del villaggio e in più uno scuola bus davanti l’area di rigore, consapevole che se di fronte a te hai un avversario più forte, la prima cosa è non prenderle (e in questo non c’è vergogna). Ma il suo Lione fa’ di più ed appena può riparte con cattiveria ed efficacia, con qualche colorata individualità niente male e con una condizione atletica superiore.
Morale della favola, Lione in semifinale, City fuori e subito tutti a discutere se il tiki-taka sia finito, dimenticando che, in realtà, non è mai iniziato, perché i concetti di gioco cosiddetto “posizionale” sono ben presenti anche nel Bayern e nel RB Lipsia. Dopo di che torniamo alla sera prima.
La sera prima il Barcellona le ha prese (e malamente) dal Bayern, in una maniera che nessun tifoso si augura mai. Al minuto 30 era già 4-1 ma solo perché Alaba aveva deviato nella propria porta un cross avversario. Troppa la superiorità del Bayern su un Barcellona mai così debole dal 2011 in avanti. È stupefacente constatare l’evidente involuzione dei Catalani sotto ogni aspetto. Una squadra giunta a consunzione per motivi naturali senza che nessuno vi abbia saputo porre rimedio. Ritirati Xavi ed Iniesta (loro sì, erano il tiki-taka!), calati per motivi di età Busquets e Pique, non all’altezza della situazione i nuovi, sperperati centinaia di milioni di Euro per Dembelè, Griezmann (in panchina l’altra sera), Coutinho, affidata la squadra a tecnici (Valverde, Setien) portatori di concetti tattici tutt’altro che in linea con le tradizioni della società, a Barcellona hanno pensato di poter vivere di ricordi e di rendita sulle invenzioni di Messi e la cattiveria di Suarez.
Lo spietato Bayern ha mostrato all’Europa la dura realtà di una squadra da (giustamente) rifondare negli uomini e nello spirito. Personalmente, ho sempre avuto grande stima ed ammirazione per il calcio tedesco, per la sua capacità di programmare e, soprattutto, di eseguire quanto programmato. Dopo il fallimento dei mondiali 2002 la Federcalcio Tedesca è ripartita alla grande a cominciare dagli impianti. Adesso la Bundesliga, spesso troppo sottovalutata nei commenti sui social è un torneo all’avanguardia. E la Bundesliga2 ha una media spettatori per partita che società di serie A nostrana possono soltanto immaginare. E a chi sostiene che i petrodollari hanno un ruolo importante nel calcio (vero, ma sino ad un certo punto) sarebbe facile ribattere che il Bayern (ricordiamo con Dirigenza tedesca, Rummenigge, Hoeness e adesso anche Lahm, gente che qualcosina di calcio ne capisce) è una società già ricca di suo, esisteva ed era ai vertici a partire dagli anni 60-70, è espressione di una terra ricca e prosperosa come la Baviera, è fortemente ed orgogliosamente tedesca, nessuno mai la cederebbe e per questo tantomeno qualcuno mai tenterebbe di acquistarla.
Per la cronaca, a Monaco Guardiola (ingaggiato per vincere la Champions) non è che fosse molto amato essendo velatamente accusato di aver distrutto l’anima “teutonica” della squadra importando calciatori spagnoli (Alcantara, Martinez su tutti). La rinascita (casomai vi sia stata una “morte”) passa da Kimmich e Muller, che più tedeschi di loro non ce n’è, da un allenatore fatto in casa come Flick, da un afro-canadese (Davies). È indubbio che dopo la performance dell’altra sera abbiano messo nel mirino la Coppa dalle grandi orecchie.
Programmazione, dicevo. Nel mentre da noi si menava il can per l’aia, tergiversando sul “mi si nota più se riparto o se non riparto?” i tedeschi chiudevano la pratica Bundesliga in tempo utile per consentire alle squadre impegnate in Europa di rifiatare e rifare una preparazione ad hoc. Nel mese di agosto la lucidità (perché ad agosto siamo, non dimentichiamolo) può fare la differenza e l’ha fatta. I francesi addirittura è da marzo che non giocano: è un caso che in semifinale ci siano due squadre francesi e due tedesche?
Di tutte le possibili finali che ci aspettano, oscilliamo da quella scontata (Bayern-PSG) sino all’apoteosi dei carneadi (RB Lipsia-Lione). Nel mezzo, un mondo di possibilità.
Pensavamo di aver visto tutto, ci sbagliavamo.