Candidati alla panchina del Milan: Unai Emery

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emeryOltre a quello di Don Carlo Ancelotti e dei nostrani Montella e Sarri, altro nome sulla bocca di tutti per la panchina del Milan è quello di Unai Emery, spagnolo, 44 anni, ex centrocampista nelle divisioni inferiori del calcio spagnolo. Ha iniziato ad allenare il suo ultimo club in cui ha giocato, il Lorca, nel 2005-2006. L’anno successivo passa all’Almería con cui approda per la prima volta nella Liga. Gli ottimi risultati conseguiti lo fanno conoscere al grande pubblico come tecnico rivelazione.

Nel 2008 passa al Valencia diventando l’allenatore più giovane della storia del club iberico. I primi anni sono tutt’altro che deludenti: grazie ad Emery il Valencia torna in Champions League piazzandosi terzo in campionato (2010), risultato che ripeterà anche nella stagione successiva. Il giocattolo però si rompe nel 2012, anno in cui verrà eliminato al primo turno di Champions e fermandosi in Europa alle semifinali di Europa League e in Spagna alle semifinali di Copa del Rey. Dopo una breve ed infelice parentesi allo Spartak Mosca, approda finalmente al Siviglia, autentica dominatrice dell’Europa League degli ultimi due anni.

Sembra il classico allenatore che sa lavorare bene con quello che ha a disposizione senza pretendere molto dal mercato. La rosa per la stagione in corso sembrerebbe proprio confermarlo. Nessun grande nome, ma molti buoni giocatori da valorizzare, alcuni conosciuti (Banega, Reyes, M’bia) altri venuti alla ribalta sotto la sua guida (Bacca su tutti). Con lui sono cresciuti, fra gli altri, David Silva, Jesus Navas e Rakitic.

Si dice sia un allenatore da 14 giocatori a partita, un tattico metodico e rigoroso. E’ un tecnico in rampa di lancio che si accontenterebbe al primo anno anche di soli 2-3 acquisti di ottimo profilo. Rotazione degli uomini, a volte esagerata, continua variazione di moduli. Con Emery c’è da studiare e tanto. E da faticare. Viene descritto infatti come un instancabile lavoratore e, soprattutto, un allenatore in grado di migliorare i propri giocatori, caratteristica fondamentale in una squadra che deve ogni anno reinventarsi per sopravvivere ad alti livelli. L’idea del miglioramento è un chiodo fisso per Emery. Pretende preparazione massima per ogni azione eseguita durante i 90 minuti così da mantenere l’attenzione del giocatore solo sulla partita e isolarlo dalla paura dell’ignoto o dal pensiero di poter fallire. Non esiste nulla che non venga analizzato nel dettaglio. Gli errori ci sono, impossibile prescindere dagli errori, ma allora che gli errori entrino a far parte del processo di crescita come vera gioia di un allenatore.

Alla sua squadra chiede una forte identità in cui riconoscersi ogni volta e dal quale farsi forza nei momenti di difficoltà. Vuole una squadra che sappia giocare intensamente, con ritmo alto e quindi è necessario che le condizioni atletiche dei suoi uomini siano sempre adeguate allo sforzo richiesto.

Per Emery l’unico dogma è la difesa a 4, per il resto c’è molta flessibilità e capacità di adattarsi agli uomini a disposizione e agli avversari. «Mendalidad ganadora», mentalità vincente, è la sua idea forza e anche il titolo di un suo libro. La sua filosofia di vita applicata al pallone ruota intorno a concetti come «il noi deve sempre superare l’io», «bisogna trovare equilibrio fra ragione ed emozione», «un talento non è tale se non si basa su tre cose: talento, lavoro, tenacia».

Ha coniato anche un neologismo che lo ispira: «serempatia», la sintesi fra «serendipità» (la capacità o fortuna di fare inattese scoperte per caso) ed «empatia». Dopo Simeone, è il meno spagnolo e il più italiano degli allenatori della Liga e questo dovrebbe avvantaggiarlo in caso di arrivo al Milan. Velocità di esecuzione e nella rapidità nel passare dalla fase di recupero del pallone a quella offensiva il proprio credo. La squadra che ha esibito quest’anno sembra avere meno talento rispetto allo scorso anno eppure sembra ancora più cucita per lo stile di gioco del proprio allenatore. Con un centrocampo forte fisicamente e aggressivo e una trequarti di talento e corsa dietro ad un Bacca in forma smagliante davanti alla porta l’identità del Siviglia non è cambiata. Lo stile non è esattamente quello che ci verrebbe in mente pensando ad un tecnico spagnolo. Una squadra intensa, aggressiva, fisica, quasi parlassimo di una squadra inglese o tedesca.

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