Italia, lo spirito c’è, il talento meno
Ancora un paio di considerazioni sull’avventura europea della nostra nazionale e sulle prospettive del nostro calcio.
Non sono molti gli italiani titolari in squadre straniere mentre sono certamente di più gli stranieri titolari nelle loro rappresentative. Persino l’Islandese Bjarnason (ex Pescara) ha fatto un figurone in questi campionati Europei. Praticamente, noi qui alleniamo (e bene) la bravura degli altri. Se non ci sarà una netta inversione di tendenza i risultati non potranno che essere gli stessi. Questa è la premessa.
Detto ciò, appare chiaro come ci sia un handicap di fondo che al momento è difficile se non impossibile da colmare, o che comunque si possa colmare parzialmente, mettendo in campo qualità peculiari proprie di noi Italiani che diamo il meglio quando siamo in condizioni di difficoltà. E questo è quello che è accaduto in Francia e di cui va dato certamente merito a Conte. La squadra che abbiamo seguito con affetto e trepidazione, resta e rimane una squadra, direi, mediamente brava, ma nulla di più.
Tolto Buffon, che sarebbe titolare ovunque, gli altri faticherebbero a trovare posto altrove, meno che mai nelle compagini di vertice, e ove lo trovassero, sarebbero comunque in competizione e mai titolari indiscussi.
Consolidata questa situazione, era evidente come il conseguimento di un buon risultato fosse legato ad un rendimento super di ognuno dei componenti della rosa.
E così è stato, e ad un certo punto è apparsa all’orizzonte anche la possibilità di un risultato storico.
Purtroppo la contemporaneità di due infortuni di uomini chiave, in aggiunta a quelli già noti, hanno fatto emergere la poca profondità della rosa e la scarsità dei rincalzi a disposizione limitando di molto le possibilità dell’allenatore di alternare le scelte a sua disposizione. La squadra ne ha risentito soprattutto nella difficoltà ad alimentare il gioco d’attacco. E’ apparso evidente come contro la Germania siamo stati meno incisivi non avendo sufficienti energie per proporre il ribaltamento del gioco, cosa che contro la Spagna invece era accaduta.
Facciamocene una ragione: siamo arrivati dove potevamo arrivare e se ce lo avessero detto tre mesi fa avremmo accolto la notizia con soddisfazione.
Peraltro, è stata una Nazionale apprezzata per l’impegno, l’abnegazione, il sacrificio in campo e fuori campo, qualità da sempre apprezzate da ogni tifoso.
Adesso si riparte, con un altro allenatore, per un altro ciclo e un altro obiettivo, Russia 2018.
Spero vivamente in una iniezione di gioventù e di coraggio, atteggiamento che ha pagato dopo i Mondiali di Messico 1986 con l’innesto in prima squadra praticamente in toto della Under 21 di Azeglio Vicini.
Anche adesso ritengo si debba procedere in tal senso per ricreare un gruppo giovane ed entusiasta che possa garantire continuità. I nomi degni di fare il salto di qualità non mancano e sono noti a tutti. Arrivederci.
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