Il Pelè bianco
Stavolta non ce l’ha fatta. Non sono bastate le finte, gli scatti, le giravolte. Non è bastato correre e smarcarsi. Uno stopper cattivo e subdolo chiamato cancro dopo averlo vanamente inseguito per molti anni è intervenuto a gamba tesa, da dietro, portandocelo via anzitempo.
Per noi adolescenti degli anni ’70 i Mondiali di Germania (Ovest) del 1974 furono l’apoteosi di un calcio mai visto sino ad allora, nel Mondo e in Europa, l’Europa post-sessantottina che cominciava ad accusare le prime conseguenze della crisi petrolifera.
E poco importa che a vincere furono i padroni di casa, perché lo spettacolo lo aveva già dato un gruppo di giovanotti con la maglia arancione, i capelli lunghi e i basettoni guidati da lui, Johan Cruijff, o Craiff, o Croiff, a seconda di come i telecronisti dell’epoca intendessero pronunciare il suo cognome.
E la maglia 14 diventò simbolo di forza ed eleganza.
Alfiere e portabandiera dell’Ajax e di quella squadra nazionale, Johan Cruijff ha rappresentato l’anello di congiunzione tra gli anni ’60 (Pelè) e gli anni ’80 (Maradona). Di gran lunga per un decennio il miglior giocatore del Mondo, Johan Cruijff ha fuso mirabilmente tecnica, bellezza ed atletismo riuscendo sul rettangolo verde a compiere gesti tecnici ad una velocità e con una corrdinazione ineguagliabili. Quante volte abbiamo, invano, tenato di crossare la palla, da sinistra, colpendola con l’esterno del piede destro. Perchè così faceva Cruijff.
Con lui ed i suoi scudieri il calcio diventò un’altra cosa. E il calcio che vediamo oggi sui campi di gioco è pronipote di quanto seminato da quella generazione di calciatori in possesso di una straordinaria capacità tecnica individuale. Non erano dei semplici corridori, come qualcuno vorrebbe far credere. Davano del tu al pallone. Molti, a distanza di anni, hanno tentato e tentano tuttora di imitarli.
C’era Jongbloed, portiere che giocava la palla con i piedi e fuori area, c’erano Surbieer e Krol terzini volanti e imprendibili, c’era Haan, centrale difensivo che giocava in coppia con Rijsbergen, c’era Neeskens regista razionale a tutto campo, c’era Johnny Rep, attaccante micidiale di testa e di piede, c’erano Van Hanegem e Jensen. C’era Rensebrink, veloce come il vento. E poi c’era lui, il Pelè bianco, il Profeta del gol. Un rivoluzionario alla testa di una squadra di rivoluzionari. Pensate che scalpore quando si seppe che andavano in ritiro con mogli e fidanzate. E che bevevano e fumavano pure.
L‘Ajax di Johan Cruijff, ossatura di quella squadra Nazionale, vincitore di tre Coppe dei Campioni consecutive è rimasto e rimarrà nella storia come il Real Madrid di Gento e Di Stefano, il Milan degli Olandesi (ma guarda…), il Barcellona di Leo Messi. Squadre che hanno segnato indissolubilmente la storia di questo sport.
Quella generazione di calciatori ha raccolto molto poco in rapporto a quanto ha seminato. Ma in compenso ha lasciato una eredità morale e tecnica inestimabile e indimenticabile.
Vai Profeta, corri e smarcati anche da lassù. E non ridere troppo di noi comuni mortali se a volte cerchiamo di rifarti il verso. Pensa che così stiamo solo cercando di ricordarti.