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Jeremy Menez

Non è mai stato un tipo da mezze misure Jeremy Menez, mai un giocatore banale o anonimo: lui sa benissimo che basta un secondo per passare da eroe predestinato ad incompiuta promessa. Cresciuto nella non certo tranquilla Banlieue 94, alla periferia di Parigi, dove ancora oggi è il simbolo della possibilità di un riscatto sociale, sin troppo presto tutti si accorgono del suo talento. A sedici anni gioca nel Sochaux diventando il giocatore più giovane di Francia a firmare un contratto professionistico: qui realizzerà una tripletta in sette minuti al Bordeaux, con in bacheca l’Europeo under 17. Mentre Zidane lo paragona a Cassano, nel 2006 si trasferisce al Monaco, dove fa innamorare anche il principe Grimaldi. Qui però non entusiasma molto ondeggiando di continuo tra un talento cristallino e un carattere difficile da gestire. Nel 2008 alla Roma non andrà molto meglio, facendosi ricordare solo per un destro al volo contro il Chievo e per soli altri due gol, ma né con Spalletti né con Ranieri riesce a sfondare del tutto, alternando grandi giocate a prestazioni deludenti. Lascia Roma nel 2011 senza che i tifosi giallorossi sentano troppo la sua mancanza, per approdare finalmente a Parigi, nella squadra del cuore alla corte di Carletto Ancelotti. Il feeling con Ibra e gli altri campioni è subito perfetto e in poco tempo Jeremy diviene uno dei punti fermi della squadra. Poi però arriverà Blanc, con cui gioca pochissimo: i rapporti sono più che tesi, e anche con Ibra le cose cominciano a non andare bene. Inevitabile il mancato prolungamento del contratto che gli consentirà l’approdo in rossonero per una nuova avventura. Speriamo sia quella della sua definitiva consacrazione.


hondaiiHonda: l’imperatore ossigenato

Ha preferito una colonnina di euro ad una montagna di rubli moscoviti: dalle sue parti il Milan di Sacchi e Capello ancora risuonano trionfali, e sarà per questo che il suo sogno è sempre stato indossare la casacca rossonera, e sarà forse anche per questo che in passato saltarono le trattative per PSG e Lazio. Nel 2010 però arriva al CSKA dopo essere divenuto già una star nel suo Paese: i jeans arrotolati al polpaccio, il doppio orologio e la t-shirt scollo a V sono ormai diventati un marchio indelebile del suo personaggio. Fortuna per lui che il clima ostile russo e l’erba finta del Luzhniki non gli impediscono di disputare ottime stagioni, nelle quali ha segnato 28 gol e realizzato 29 assist. E questi non sono gli unici numeri con cui si presenta nella Milano rossonera: ad esempio è anche uno dei pochi riusciti ad andare a segno da calcio piazzato in ben 3 Continenti: Asia, Europa, Africa. Il colpo preferito e più bello del giapponese è il Mukaiten o in inglese Knuckleball, tipo di punizione diventata famosa con Juninho, Pirlo e Cristiano Ronaldo e che Honda ha mostrato al Mondo nell’ultimo Mondiale in Sudafrica contro la Danimarca. Dopo una stagione difficile, Keisuke ne ha disputata una successiva in crescendo e c’è chi scommette su di lui anche per la prossima annata.


Fabio Capello

fabio-capello-entraineur-grand-milan-entre-1991-1996-b1de1Ha sempre viaggiato molto il nostro Fabio, passando talvolta per lidi a noi anche un po’ antipatici, ma quando rivediamo il suo viso da generale di ferro, non possiamo non ricordare la magica notte di Atene in cui annientammo Cruijff e la squadra macina record in Italia che conquistò scudetti su scudetti, il Milan degli invincibili. Fra i suoi record, il  maggior numero di risultati utili consecutivi in Serie A (58 partite senza sconfitte). Non possiamo poi non ricordare una miriade di campioni che lui stesso ha allenato, da Baresi a Van Basten, a Savicevic, a Baggio, ma così tanti che un semplice articolo non potrebbe bastare ad elencarli tutti… Ci sono state altre esperienze importanti per lui, dopo il Milan. E’ stato selezionatore della nazionale inglese prima e di quella russa poi, esperienze a dire il vero senza troppa fortuna.

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