Al capolinea… signori, si scende!
Al fin siam giunti, ecco….Bergamo.
Sabato sera allo stadio Azzurri d’Italia si è (finalmente) conclusa la travagliata stagione rossonera. Da parte di tutti c’è voglia di buttare a mare non solo i glutei ma un campionato disastrato e deludente.
La proprietà sta guardandosi intorno (nella direzione giusta speriamo…) e soprattutto avanti. Girandola di nomi, pranzi e cene… e che non ci venga un’indigestione.
Apro qui una doverosa parentesi, specificando che scrivo prima dell’ormai famoso e atteso 3 giugno e che spero di sbagliarmi. Poi, se mi sbaglierò… mi corriggerete.
Non sono mai stato molto favorevole ai cavalli di ritorno, nel recente passato è stata una pratica che non ha mai fruttato molto (con Liedholm, con Sacchi e con Capello). Solo con Rocco è stata gratificante (e come!), ma erano altri tempi. Facendo parlare i numeri è 3 a 1 a sfavore.
Per Don Carlo Ancelotti, però, farei volentieri una eccezione, considerata la dimensione umana e professionale della persona nonché la sua accertata appartenenza alla famiglia rossonera, che, coniando un nuovo termine, chiamerei milanistità.
Non credo però che Don Carlo verrà e non a causa dell’operazione che dovrà subire. Se così fosse, non dovremmo nemmeno discuterne, perché la salute viene prima di tutto.
Secondo me, Don Carlo non verrà, e non perché non creda nel progetto che viene sottoposto alla sua attenzione. Don Carlo ha girato l’Europa, ha vinto scudetti e Coppe, ha l’età, il carisma e l’esperienza giusta. Ha allenato Milan, Juventus, Chelsea, Paris Saint Germain, Real Madrid. Credo che ora, giustamente, aspiri ad una squadra nazionale, non necessariamente quella Italiana. Se accettasse l’offerta del Milan (che dovrebbe essere almeno triennale) si priverebbe della opportunità di sedersi l’anno prossimo su una panchina che si dovesse rendere libera, magari di prestigio, dopo i campionati Europei. Spesso accade, e sarà così anche l’anno prossimo. E in quest’ottica, ha un senso un anno sabbatico, da qualche parte nel Mondo.
Ve lo immaginate Don Carlo sulla panchina dell’Inghilterra? O magari del Portogallo? O magari di una squadra Africana? Ci fosse stata di mezzo un’altra squadra, la decisione sarebbe già presa. Trattandosi del Milan, certamente qualche tentennamento rimane. Immagino solo l’imbarazzo del dover rispondere… Chi vivrà, vedrà, e noi certamente vedremo.
In alternativa, personalmente, apprezzo molto lo spagnolo Emery, che secondo me è molto valido, valorizza al massimo il materiale umano che ha a disposizione, ha attenzione all’aspetto tattico che per allenare in Italia è imprescindibile. Non è uno sprovveduto, insomma.
Ma torniamo alla cronaca. Formazioni, riecco De Sciglio in assenza di Abate, il resto è immutato. La Dea bergamasca, con Denis in attacco a far coppia col trottolino Moralez. E’ partita che vale solo per la rivalità, loro già salvi, noi con lo sguardo al futuro. Via, si parte.
Timide iniziative da ambo le parti, in evidenza El Shaarawy, attivissimo sia in attacco che in copertura, serve Jack che tira fuori. Atalanta avanti con Zappacosta, Gomez e Moralez tentano la penetrazione e Baselli anticipa Abbiati in uscita ma mette a lato. Partita a dire il vero vivace per essere a fine stagione. Jack vorrebbe rendere il favore a El Shaarawy che in area non aggancia. Sull’altro fronte, sempre la premiata coppia Gomez – Baselli ci insidia. Prove tecniche dell’Atalanta: Zappacosta fa un bel cross e Denis inzucca in area, traversa ma con fallo, perciò tutto inutile, ma bello. Pazzini in area non tira pur avendone la possibilità e serve Jack anticipato sotto misura. Sembra salire il rendimento di Van Ginkel. Dopo aver fatto le prove, l’Atalanta segna: Moralez crossa da destra, De Sciglio non chiude su Baselli (e allora, geometra Galliani, lo vogliamo comprare o no sto’ ragazzo?!) che la mette dentro di testa. Subito dopo, azione da raddoppio che sfuma perché Paletta respinge a porta sguarnita.
L’Atalanta è squadra concreta. Pratica un 4-4-2, che spesso diventa un 4-4-1-1, è consapevole delle sue possibilità, fa cose semplici ma efficaci. Niente voli pindarici, insomma. Del Grosso ko, entra Cherubin. Noi ci buttiamo sotto per rimontare, Pazzini si batte e lotta come un leone, e cuce sull’asse con El Shaarawy ma questi viene fermato in angolo. Sempre il Faraone filtra al limite, tira e viene rimpallato. Però siamo lì, facciamo pressione, al 5° angolo Mexes di testa colpisce e costringe Cigarini a ribattere sulla linea. Il trio Gomez – Moralez – Denis recita a memoria ed è molto pericoloso quando riparte.
Però pareggiamo. Azione insistita sulla trequarti atalantina dei nostri, Jack serve Pazzini in area e prima che questi possa tirare viene abbattuto da Masiello. Rigore, tira Pazzini e fa gol. Ma non basta. Siamo ancora lì davanti, scambi ripetuti, tra De Jong, Van Ginkel, El Shaarawy, palla per Honda che si infila in area ma non riesce a tirare, sul rimpallo Pazzini tira e colpisce il palo, la palla finisce sui piedi di Jack che non sbaglia e non esulta. Sinora in evidenza El Shaarawy le cui accelerazioni costringono gli avversari al raddoppio di marcatura aprendo spazi interessanti in mezzo al campo. Jack, lucidissimo, non spreca una palla che è una. Prima del tè caldo per tutti, la Dea sfiora il pari con un mischione megagalattico davanti ad Abbiati. In mezzo al campo abbiamo fatto meglio che sulle fasce, i due gol sono nati da lì. La mancanza contemporanea di Abate ed Antonelli si fa sentire e De Sciglio è quello degli ultimi tempi, piuttosto timoroso, copre e basta.
Si riparte. Denis colpisce su azione susseguente ad angolo ma mette fuori. Teniamo bene la palla facendo girare a vuoto gli avversari, ma col tempo ci abbassiamo (scena già vista). Ancora Denis pericoloso su cross da sinistra. La Dea sbuffa, lotta non vuole perdere. Abbiati agguanta una palla velenosa in area piccola a seguito di rimpallo. Si lotta ma si gioca poco, la partita si innervosisce e loro beccano due ammonizioni. Adesso ci sono molti falli seppure non cattivi. Van Ginkel ringhia su tutti.
L’Atalanta però guadagna campo, perché noi siamo troppo bassi e Pazzini là davanti è troppo solo. Abbiati para su palla radente dalla destra, ma nessuno e lì per il tap – in decisivo. Esce El Shaarawy, calato alla distanza, per Poli. Il gioco è spezzettato e le emozioni poche. Ma la Dea non molla, Reja tenta la carta D’Alessandro per Zappacosta.
Saliamo solo una volta, ma facciamo male. Poli da destra crossa, Van Ginkel anticipa Sportiello e libera la porta per Jack che controlla e segna (e non esulta neanche stavolta). De Sciglio fa spazio al giovane Calabria e Van Ginkel piazza uno scatto di 60 metri per guadagnarsi un angolo. L’Atalanta ci prova sino all’ultimo (con la nostra collaborazione in fase di uscita dall’area). Jack si prende la standing ovation ed entra Di Molfetta. Calabria piazza un cross di prima intenzione, bello secco e deciso sul quale De Jong non arriva. Però, il ragazzino…
Ultimo tentativo di Honda che tira alto e poi tutti a festeggiare.
Commento. Peccato, poteva esserci un epilogo diverso. Da tempo vado dicendo che la squadra vale più dei 52 punti che ha assommato ma di questo torneremo a parlare da domani in avanti. Vale almeno i 64 punti della Fiorentina e i 63 del Napoli.
Le assenze lunghe e prolungate ci hanno penalizzato, soprattutto quella di El Shaarawy, giocatore che vale doppio per la velocità, la corsa e l’imprevedibilità che è in grado di fornire. Pazzini ha dimostrato che avrebbe meritato qualche chance in più. Le assenze però non sono state casuali, ma l’effetto di errori di preparazione e qui devo (mio malgrado) tirare in ballo l’allenatore e la conduzione tecnica in generale.
Ci sono state scelte di gestione criticabili e soprattutto reiterate quando sono stati utilizzati giocatori palesemente impresentabili ed inutili (Essien e Muntari) o palesemente inadeguati alla situazione (Bonera).
Mastalli, Felicioli, Calabria, Di Molfetta, sono nomi dei quali speriamo di sentire molto parlare in futuro, insieme a Donnarumma e Modic, nelle more di sapere cosa vuole fare Mastour da grande. Sta lì lo zoccolo duro del Milan 2.0. Li abbiamo intravisti, ragazzi tosti, preparati, vogliosi di emergere. La stoffa per fare bene c’è, speriamo di trovare un buon sarto.
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