Andrij Shevchenko
E’ sempre un grandissimo piacere ricordare il nostro Sheva, protagonista assoluto di un periodo indimenticabile e vincente, in grado di farci emozionare ad ogni partita, ad ogni gol. Ogni sua azione, ogni trofeo vinto per noi rimane un ricordo indelebile, così vivo e chiaro che a volte ci sembra sia ancora il nostro presente.
E farà dunque sempre parte del nostro presente lo sguardo dell’ucraino che posa nervoso sull’arbitro e poi su Buffon, e poi ancora sull’arbitro, per poi infine ritrovarsi a scrutare compagni e tifosi abbracciarsi travolti da un immenso impeto di gioia. Farà sempre parte del nostro presente il Pallone d’oro orgogliosamente mostrato al San Siro, e allo stesso modo faranno sempre parte del nostro presente tutti i gol fatti (175), tutti i trofei vinti e le grandi giocate.
Il grande maestro Boskov in tempi non sospetti diceva di lui: “credetemi, questo è un giocatore fenomenale, è diverso da Ronaldo perché il brasiliano in campo punta solo sui propri mezzi, mentre lui gioca per il collettivo”. Sul giovane Shevchenko presto si fiondarono tutte le big europee, comprese Parma, Roma e Juventus, ma fu la grande rimpianta premiata ditta Galliani – Braida ad avere la meglio dopo un lungo corteggiamento con la Dinamo Kiev. L’esordio al San Siro avviene in una fredda serata di febbraio del 1999, in cui in amichevole con la Dinamo Kiev (che faceva parte dell’accordo di acquisto) i rossoneri vengono sconfitti per 2 a 1: il campione ucraino non segna ma è autore di un’ottima prestazione. La carriera in rossonero invece inizia ufficialmente nel luglio dello stesso anno, sotto l’egida di Zaccheroni per terminare nel 2006 con l’approdo al Chelsea. Nel 2008 un breve quanto inutile ritorno in rossonero che non scalfirà mai ciò che il nostro Sheva è riuscito a fare in quegli splendidi sette anni.
Ecco un piccolo aneddoto che Braida raccontò qualche tempo fa a proposito dell’acquisto di Andrij: “Shevchenko lo avevo visto giocare e mi era piaciuto tantissimo perché lo vedevo esplosivo come Gullit. Andiamo a vederlo e quella sera non toccò palla, così Galliani mi rimproverò, ma poi andammo a Kiev e gli portai una maglietta del Milan dicendogli che con quella casacca avrebbe vinto il Pallone d’Oro. E così fu…”.
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