Dallo striminzito al ringalluzzito (ma con riserva). Le prime 5 di Giampaolo e Pioli a confronto
Il Milan sta attraversando l’ennesima fase di cambiamento dovuta all’avvicendamento tecnico in panchina. Ma nei fatti si tratta davvero di un cambiamento? Vediamo di analizzare cosa dicono i numeri in proposito.
3 gol fatti e 5 gol subiti: così Giampaolo iniziò la sua avventura nel Milan, nelle sue prime cinque partite di campionato. Poi sappiamo tutti come è finita, due partite dopo. Con la nuova gestione Pioli, invece, dopo altrettante giornate registriamo 5 gol fatti e 7 subiti. Con Giampaolo gli avversari del Milan riuscivano a bucare il portiere rossonero solo nel secondo tempo, mentre con Pioli riescono a segnare anche nel primo. In compenso con la nuova gestione si è finalmente svegliato il gioco, si creano maggiori occasioni, ma si fa anche più acqua in difesa.
Se Giampaolo era l’integralista estremo dell’equilibrio –> cercava quello perfetto come chi cerca il Santo Graal, Pioli sembra essere più interessato a cercare di prevalere sull’avversario, talvolta azzardando qualche mossa per poi scottarsi: è accaduto con i suoi cambi negli ultimi due secondi tempi, contro Lazio e Juventus. Ha perso, provando a vincere.
Con Pioli sono aumentati abbastanza nettamente i calci d’angolo guadagnati dal Milan (36 contro 24), a dimostrazione di un calcio meno ruminato e di una spinta offensiva più accentuata.
Se contiamo i punti ottenuti, per Giampaolo sono 6, per Pioli 4, ma è anche vero che il calendario con cui sta facendo i conti l’ex tecnico dell’Inter è più ostico di quello che il Milan di Giampaolo ha dovuto affrontare a inizio torneo.
Ancora non è possibile trarre particolari conclusioni, però i numeri sopra citati confermano la fase stagnante in cui il Milan era piombato con il tecnico abruzzese, mentre con Pioli ci sono almeno 2-3 indicatori di gioco a favore di una maggiore verve generale (tiri, gol fatti, calci d’angolo).
Però. C’è un però grande quanto Casa Milan e che ci porta ad asserire, fuori di ogni dubbio, che nella situazione di brutta classifica in cui il Milan si trova, l’aspetto estetico è ciò che meno interessa e che meno serve: il campionato non è un concorso di bellezza ma un torneo a punti. Di conseguenza non è un crimine porsi una domanda: era proprio necessario passare da un allenatore che bene o male faceva 1,28 punti a partita (pochissimi, sia chiaro) ad uno che ne sta facendo 0,8 a partita?
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