Luiz Adriano, il brasiliano… d’Ucraina
C’era una volta un brasiliano, che giocava a calcio in Ucraina… Molti penseranno che sia l’inizio di una favola. Invece no. È la storia di Luiz Adriano Da Souza Da Silva, meglio noto come Luiz Adriano, arrivato al Milan nell’estate 2015 per circa 8 milioni dopo aver passato allo Shakhtar Donetsk ben 7 stagioni.
Tecnica brasiliana, senso del gol, buona propensione al dribbling e all’assist. Classica prima punta, destro naturale che partecipa poco allo sviluppo della manovra. Letale in area di rigore. Con la maglia della squadra di Donetsk si è tolto diverse soddisfazioni, creandosi un ottimo palmarès: 6 Campionati ucraini, 4 Coppe nazionali, 5 Supercoppe e una Coppa Uefa. Tra le altre cose, è diventato anche il miglior marcatore della storia del club. 266 partite e 128 gol all’attivo. L’apice della carriera, tuttavia, l’ha raggiunto giovanissimo, nel 2006 quando, con l’Internacional di Porto Alegre, ha vinto la Coppa del Mondo per club, in finale contro il Barcellona. In quella stessa competizione si alterna spesso a Pato, vecchia conoscenza rossonera, al quale subentra e risulta decisivo soprattutto nella semifinale contro l’Al Ahly, segnando il gol del definitivo 2-1. Niente male, vero? Certo, il campionato ucraino non sarà competitivo come la Liga, La Premier o la Serie A, ma a Luiz Adriano non si può obiettare che abbia un senso del gol fuori dal normale.
Tanti gol anche in Europa. Al suo primo anno nella squadra allenata da Lucescu, vince subito la Coppa Uefa. Nella finale di Istanbul contro i tedeschi del Werder Brema, finita poi 2-1 in favore dello Shaktar, provate ad indovinare chi ha segnato il gol che ha sbloccato la partita? Luiz Adriano, ovviamente. È solo il preludio di tanti gol nelle competizioni europee. 2014, Champions League, l’avversario è il Bate Borisov: 5 gol all’andata e 3 al ritorno. Eguaglia il record di gol segnati in una sola partita nella massima competizione europea. Segna inoltre la tripletta più veloce della storia della competizione (3 gol in 7′). Mette a segno anche un gol molto controverso, nel 2012, contro il Nordsjælland. Al posto di restituire palla, si dirige senza nessuna opposizione verso la porta avversaria, segnando il gol dell’1-1. L’attaccante si giustificherà, in seguito, affermando di essere stato troppo concentrato e di non essersi accorto di dover restituire il pallone, ma ciò non basterà ad evitargli un turno di squalifica per violazione dei principi di condotta sportiva, facendogli saltare la partita successiva contro la Juventus.
Sbarcato a Milano con tanta voglia di mettersi in mostra, un precampionato senza infamia nè lode, l’intesa con Bacca da affinare ma mai affinata, gol segnati col contagocce, poi le difficoltà nel trovare spazio, la panchina, la tribuna. Fine della storia. Affermava di aver scelto i rossoneri anche su consiglio del suo amico ed ex compagno Pato. La maglia numero 9 è stato un tabù troppo grande da sfatare: dopo Inzaghi, quella maglia non ha mai portato grosse fortune a chi l’ha indossata, e così è stato anche per lui. Nei suoi ultimi mesi in rossonero provò a tagliarsi i capelli e cambiò numero di maglia, prendendosi la numero 7, con esiti purtroppo non diversi. La sua storia continua, per sua fortuna meglio, nello Spartak Mosca, dove con il suo contributo di gol è già riuscito a vincere qualche trofeo.
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