Portoghesi, che croci (e che delizie)

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O boi bravo na terra alheia se fa manso – dice un proverbio portoghese. Il bue coraggioso diviene mansueto nella terra altrui. E’ successo spesso con i calciatori lusitani, nel campionato italiano. Eppure allo stesso tempo non mancano gli esempi di giocatori portoghesi venuti a giocare in Italia, che non solo hanno lasciato il segno ma anche vinto qualcosa di importante: Rui Costa, Figo, Paulo Sousa, Sergio Conseicao, Fernando Couto. Ma nel tempo le infornate non sono sempre le stesse ed ecco anche arrivare molti giocatori deludenti o che per diversi motivi si sono persi esprimendo ben poco di buono (anche a causa di una serie di infortuni), come i vari Bruno Alves, Abel Xavier, Jorge Cadete, Dimas Teixeira, Jorge Andrade e, ci spiace dirlo, Andrè Silva (almeno relativamente a quanto visto finora).

Per quanto riguarda il Milan tutti ricordano l’estro e l’inventiva di Manuel Rui Costa, ma il diavolo non ha avuto solo gioie dai portoghesi: il caso più sfortunato fu forse quello di Paulo Futre, che dalla Reggiana passò in rossonero senza giocare praticamente mai, a causa di molti infortuni che non gli diedero mai una buona condizione fisica. Eppure le qualità le aveva: non si fanno per caso una marea di gol nell’Atletico Madrid (38 in 163 partite), non si vince per caso una Coppa dei Campioni (con il Porto, nell’87), non si rischia di vincere il pallone d’oro (sempre nell’87).

Ma tornando ai giocatori deludenti, che in molti casi quando arrivano da noi sono catalogati come bidoni (Futre di certo non lo era), il top dei flop, come spesso è accaduto nella storia, se lo aggiudica l’Inter: indimenticabili i bidoni Joao Mario e Quaresma, peraltro inutilmente strapagati.

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