Violenza fisica e verbale, nel calcio è tutto un dilagare
Fine dicembre 2018: il campionato greco viene sospeso per lo sciopero degli arbitri, in seguito alla brutale aggressione dell’arbitro Tzilos da parte di quattro malviventi. Ricoverato in ospedale, l’arbitro greco è stato successivamente dimesso dopo esser stato medicato con punti alla testa e alle gambe. Nel marzo 2018 invece il campionato greco viene sospeso dopo la clamorosa irruzione armata sul terreno di gioco da parte del presidente del Paok Salonicco, Ivan Savvidis.
Albania: pochi giorni fa il campionato nazionale è stato sospeso dopo che, durante la partita tra Kazma e Laci, un arbitro è stato picchiato dai sostenitori e dai dirigenti del Kazma.
Un problema solo balcanico? Sembra proprio di no, visto che anche qui da noi, in Italia, soprattutto nelle serie minori, è difficile tenere il conto completo delle aggressioni e degli episodi di violenza diffusa. Come quello accaduto nel Lazio ai danni del 24enne Riccardo Bernardini nel campionato Promozione (novembre 2018), oppure ai danni del 19enne arbitro Tiziano Albore, vittima di una aggressione al termine di una gara del campionato allievi provinciali di Bari (marzo 2019). A fine febbraio, invece, un giocatore della squadra Fcd Molde, ha colpito l’arbitro con un violento schiaffo in una partita della Terza categoria di Varese.
I numeri delle ultime stagioni sono piuttosto eloquenti: 473 aggressioni nel 2016/2017, 451 nel 2017/2018 e non mancano quelle già avvenute nell’anno in corso. Calabria, Sicilia, Campania, Lazio ed Emilia Romagna le regioni dove più spesso si verificano questi fatti. Episodi in cui, spesso, sono coinvolti anche i genitori dei giovani giocatori in campo. E’ dunque evidente che non è certo una questione di sicurezza, ma un problema culturale, particolarmente difficile da risolvere laddove certe abitudini, anche verbali, sono da troppo tempo radicate. Laddove cinismo e superficialità regnano incontrastati.
I “devi morire” che da decenni sentiamo cantare negli stadi a ritmo di tamburo, hanno finito per farci sorridere, anzichè farci riflettere e preoccupare. Li hanno cantati anche qualche giorno fa in Sardegna, mentre una persona moriva davvero, all’interno dello stadio. Qualcuno di certo sorrideva, divertito e indifferente.
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