Il moralismo da divano del calcio italiano
Parole forti quelle di Leonardo alla Gazzetta dello Sport, in merito a quanto successo nella doppia sfida con la Lazio. Parole che arrivano senza dubbio al momento giusto, dopo una bordata di polemiche sul gesto di Bakayoko e Kessie, ma soprattutto dopo una surreale indifferenza di fronte al grave comportamento dei tifosi laziali.
Mancanza di personalità – In primo luogo il ds ha sottolineato come la Lazio abbia meritato la qualificazione alla finale di Coppa Italia. Pur tuttavia, a rigor di regolamento, la gara di mercoledi sera doveva almeno essere sospesa dopo gli ululati razzisti dei laziali, ma invece, a quanto pare, Mazzoleni è stato l’unico a non sentire (!) gli odiosi e insistenti cori diretti a Bakayoko. Naturale chiedersi cosa effettivamente sia successo. Difficile non credere ad una mancanza di personalità da parte dell’arbitro, che evidentemente non ha avuto il coraggio di fermare l’incontro.
Indifferenza totale – Il pensiero inevitabilmente va subito ai piani alti: com’è possibile mandare un arbitro senza personalità a dirigere un match di tale importanza? L’incompetenza dei piani dirigenziali si associa, ahinoi, anche ad un bizzarro moralismo. Come detto, abbiamo assistito ad una totale indifferenza per i gravi fatti accaduti a Milano mercoledi sera, in primis per lo striscione esposto a Piazzale Loreto. Indignazione, vergogna e critiche invece sono piovute per la maglia di Acerbi esposta da Kessie e Bakayoko. Gesto sbagliato, seppur niente di più di una ingenuità.
Un moralismo da divano – Le conclusioni che possiamo trarre si associano alle parole di denuncia di Leonardo. La vergogna è quella di avere un calcio malato sotto ogni punto di vista, che si fa forte dinanzi a stupidaggini e preferisce lavarsi le mani di fronte a problemi ben più gravi. Troppo difficile (o troppo scomodo) debellare i gruppi neofascisti e combattere il razzismo nello sport: più facile adottare il classico moralismo da divano, il classico moralismo italiano.
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