Sopra la panca e sotto la panca
Alla fine, anche per questa settimana dovremmo avere ancora un allenatore, almeno così sembra. Dopo telefonate, apericena vari, cene, spaghettate di mezzanotte, cornetti caldi alle 4 di mattina, cappuccino e brioche, Inzaghi rimane ben saldo sulla sua panchina (sperando che non venga messa all’asta come quella di Donadoni). Anzi, come regalo ha avuto anche la bella notizia di potersi giocare ancora una volta la conferma, in trasferta, a Firenze, senza mezza squadra e contro una delle compagini più in forma del momento (l’Olimpico non conta, era prevedibile che prima o poi pagassero qualcosa). Cosa si può volere di più dalla vita? Un Lucano? Spero di pareggiare a Firenze, ma se proprio devo perdere voglio farlo con un centrocampo di ragazzi. Essien e Muntari? No, grazie, ho già dato.
In linea di principio, non sono mai d’accordo con il cambio in corsa dell’allenatore, almeno a questo punto della stagione. A mali estremi, l’unico momento per poterlo fare eventualmente è la sosta invernale. Casomai, era da valutare bene se iniziare con Inzaghi. Pippo è stata la scelta minimalista, all’insegna del risparmio e della autarchia. Ho già espresso il concetto che siamo stati tutti abbagliati dal Barcellona e da Guardiola. Ciò che abbiamo visto è un esempio irripetibile di chimica calcistica tra un ottimo giocatore (un centrocampista, e poi vediamo che significa….) ed una grande società. Guardiola ha potuto contare su investimenti di altissimo livello che hanno portato giocatori di primissima fascia, espressione di un potenziale finanziario che ha pochi rivali al Mondo. Se non ci credete andate a leggervi le formazioni che ha potuto schierare. Dopo di che, ha avuto un’intuizione tecnico-tattica (il tiki taka: a proposito, già lo faceva Viciani con la Ternana all’inizio degli anni ’70, all’epoca si chiamava gioco corto…mah…) ed è stato bravo (sostenuto dalla Dirigenza) a convincere i giocatori a venirgli dietro.
Il resto è stato pura conseguenza. Qui siamo su un altro Pianeta, purtroppo. Rimango dell’idea che, Barcellona a parte, un allenatore debba fare la giusta gavetta : Lega Pro, serie B, e poi magari tentare il grande salto, se opportuno e se ci sono le condizioni. Mangiare pane nero serve e come. Si può essere ottimi allenatori anche rimanendo ad un livello inferiore, per così dire. Tanto per citare un nome, guardate Iachini, 4 promozioni in serie A. Qualcuno può dire non sia bravo? Per non parlare di Ventura : visto come gioca il Torino? E Sarri? Eppure non allenano i grandi Club. Domanda : è più facile vincere lo scudetto o salvare il Crotone? Facendo cambio tra Allegri e Drago a chi toccherebbe il compito più arduo? Una volta, il termine della carriera era una squadra Nazionale. Adesso, spesso è l’inizio.
Inzaghi è stata una scelta minimalista, per giunta la seconda, perché Seedorf è stata la prima. Non dico che non si possa diventare allenatori uscendo direttamente dal rettangolo di gioco e sedendosi in panca, ma non dove hai appena smesso di giocare. Sei ancora troppo coinvolto emotivamente, troppi sono quelli che sino a qualche mese fa erano tuoi colleghi e con i quali magari, parlavi male del Mister dell’epoca. E adesso, come pretendi che ti diano retta mentre gli dici muoviti di là, scatta di qua, marca, pressa, corri, raddoppia, o peggio ancora se ti mandano a quel Paese al momento del cambio, cosa fai, li rimproveri per poi sentirti dire “perché, tu non facevi lo stesso…e adesso che vuoi ?! Vuoi fare l’allenatore? Vattene lontano, ovunque, in un posto dove appena ti vedono si sdraiano per terra e ti venerano come un Dio, perché l’ultima volta che ti hanno visto era alla Domenica Sportiva. E dove ti danno del “Lei” e non del “Pippo”.
Ma andiamo avanti. Diciamo che va bene anche un esordiente come Inzaghi. L’importante è che sia ben definita la mission che gli viene assegnata. E quale era quella di quest’anno? Per me poteva essere solo una : rifondare, partendo dal basso, arrivare a fine stagione con un gruppo di giocatori tra i quali almeno due, meglio tre, provenienti dalla Primavera e che lui conosce bene, ai quali far raggiungere un buon minutaggio. Paradossalmente, sarei stato molto più contento di essere sempre decimo, sempre a 35 punti, magari con più vittore e più sconfitte, ma vedere crescere un nucleo importante : i due o tre di cui sopra (Mastalli, Modic, Mastour, tanto per fare nomi), Bonaventura, Poli, Abate, Antonelli, con El Sharawy e De Sciglio recuperati ai livelli che sappiamo, e poi a fine stagione scegliere tra tenere Destro o riprendere Niang. Un portiere lo abbiamo. E su questo gruppo investire per un bel centrale di difesa e due centrocampisti. Adesso, a fine stagione quale sarà la discriminante? Chi tengo e chi no? Ci capite qualcosa voi? Dopo tre anni, rifacciamo un’altra rifondazione? La mission di Inzaghi qual è? La sapete?
Penso: gli è stata spiegata e lui non ha capito? L’ha capita ma poi ha fatto di testa sua? Oppure, confuso dalla gratitudine gli hanno chiesto mari e monti e lui non ha avuto il coraggio di dire che quello che gli si chiedeva non si poteva fare?
Ciò che personalmente mi appare inquietante, infatti, è questo ossessione che ha Pippo per l’eterna ed immensa gratitudine verso la A.C. Milan. Nel calcio, lo sappiamo tutti, la gratitudine non esiste. Nel 1986 Bearzot andò in Messico con la Nazionale della gratitudine per la vittoria di 4 anni prima e ci buttarono fuori a pedate nelle terga. Inzaghi è stato un grande attaccante e ha fatto vincere molto alla società e la società lo ha ripagato per le sue prestazioni rispettando sempre i consistenti impegni firmati, tra professionisti accade così. Se ci dovessimo basare sulla gratitudine dovremmo far giocare Rivera e Lodetti, tanto per fare due nomi. Il passato è passato, adesso è un’altra cosa.
Altra ossessione che dovrebbe sparire è quella della Champions League. Ci sono squadre che non l’hanno mai giocata o non la giocano da anni. Si puo’ vivere anche senza, smettiamola. Ma una bella Coppa Italia, invece? Macché, buttati fuori sempre e comunque.
Ho detto poco fa che Guardiola era un ottimo centrocampista, c’era di meglio, ma anche molto di peggio. Avete verificato quanti allenatori sono stati centrocampisti? Molti, soprattutto tra i milanisti. Liedholm, Capello, Ancelotti, Rijkaard, Donadoni. Tra quelli non ex milanisti, cito Allegri, Di Francesco, Mihajlovic, che era un centrocampista in origine, poi è diventato difensore. Tra gli allenatori gli ex centrocampisti sono la maggioranza, qualche difensore, qualche portiere. Non ricordo grandi attaccanti diventati allenatori, forse lo diventerà Montella che però era un pupillo di Zeman e questo la dice tutta della cultura nella quale è cresciuto, Mancini era un attaccante atipico, molto fantasioso e adesso farebbe il trequartista. Van Basten ci ha provato ma in verità con non buoni esiti, lo stesso Gullit e Vialli. Sono certo Pirlo sarà un altro di quelli bravi e vincenti.
A centrocampo c’è il cervello, l’intelligenza, l’acume, la tattica, il fosforo…..lì nasce il gioco, si vincono e si perdono le partite. Il mediocampista, per dirla alla sudamericana è quello che ha la visione d’insieme, della coralità, del campo. Inzaghi è stato un enorme attaccante, la massima espressione dell’opportunismo, inteso questo come una qualità. Non credo però si sia mai interessato di eseguire movimenti coordinati, partecipava poco all’azione essendo troppo concentrato nel restare allineato al limite con l’ultimo difensore per sfruttarne l’indecisione.
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