La dieta dimagrante del calcio italiano

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La stagione sta finendo, direbbero i Righeira 2.0 attualizzati all’anno 2015, e un anno se ne va… Chi ha vinto, ha vinto, chi non ha vinto spera di vincere l’anno prossimo. In attesa di eventi di rilievo che possano destare la nostra attenzione, proviamo a ragionare di organizzazione. E’ arcinoto (ma non perché lo dica il sottoscritto, ma perché lo dicono tutti quelli bravi e in possesso di cultura del settore molto elevata) il nostro calcio è in crisi. Soprattutto, preoccupa lo stato di indebitamento dei nostri club, frutto di cattiva gestione e di spese incontrollate particolarmente sotto l’aspetto dei costi di ingaggio dei calciatori che nel corso del tempo hanno prodotto e stanno tuttora producendo voragini nei bilanci societari. L’ingresso nel calcio mondiale di soggetti fortissimi sul piano finanziario quali Abramovich prima (Chelsea) e gli sceicchi arabi (PSG e Manchester City) poi hanno determinato uno squilibrio destinato a durare nel tempo, purtroppo. Se a questo aggiungiamo la presenza costante di club solidissimi nella fondamenta (Real Madrid, Barcellona, Manchester UTD, Bayern) e che possono contare su vivai floridi nonché introiti enormi (merchandising e abbonamenti) e, aggiungo, soprattutto quelli spagnoli su altre facilities nazionali (altrimenti non si spiegano le campagne acquisti faraoniche di Florentino Perez…) appare chiaro come siamo e saremo relegati in seconda fascia, a prescindere da cosa accadrà il 6 giugno. A nulla valgono gli introiti in aumento derivanti dai diritti televisivi perché vengono irrimediabilmente divorati dalla forbice costi-ricavi, nettamente a svantaggio di questi ultimi. E le recenti misure adottate nei confronti di Roma ed Inter, il fair-play finanziario e ciò che verrà, ne sono l’anticamera, perché, secondo me non finirà qui. E’ dura da affermare, ma quando una società cerca soldi per coprire le spese di gestione (attenzione, non per fare investimenti!!!) significa che, contabilmente parlando, stiamo messi male.

Con il buon senso dovuto ad un padre di famiglia dovremmo ammettere di dover fare un passo indietro e tagliare dove possibile, così come si fa in una famiglia qualsiasi, dove, improvvisamente, le entrate diminuiscono. Cosa si fa, prima di tutto? Si tagliano i costi, non c’è dubbio. Da questo orecchio però i dirigenti delle società, impegnati ad inseguire i sogni dei tifosi, non ci sentono. E spendono e spandono, inseguendo questo e quel giocatore, sostenuto dal procuratore di turno che gonfia per il proprio vantaggio personale il costo dell’operazione. E il loop diabolico non si arresta. E quando si vince, tutto sommato va bene. E’ quando non si vince che il problema diventa grave. Perché, sapete, nel calcio vince uno, e basta, già chi arriva secondo va male. Non è come nel cinema: due film, uno primo negli incassi e uno secondo, guadagnano tutti e due e vincono tutti e due. Perché comunque, i denari per gli ingaggi li hai dati anche (e tanti, magari!) a chi ha fatto flop.

La prima cosa da fare sarebbe rivedere la struttura del nostro calcio. Non ci possiamo permettere tutte queste società professionistiche. Bisogna avere il coraggio di parlare chiaro alla gente, ai tifosi. Non sta scritto da nessuna parte che tutti debbano andare in serie A, tutti debbano andare in Europa League, tutti debbano andare in Champions League. Chi può, perchè ha strutture e risorse adeguate, fa lo sport di vertice, chi non può fa lo sport di base. E che nessuno se ne vergogni. In tale quadro, riprendo la ormai famosa frase del Presidente Lotito al Presidente di Lega di B Abodi (…e chi me fai salì quest’anno, Carpi e Frosinone?) che se dal punto di vista sportivo, è assolutamente deprecabile (infatti la legge del contrappasso di Dantesca memoria ha colpito…), sotto l’aspetto puramente manageriale, bisogna ammetterlo, non fa una piega.

Di questo passo, chi avrà interesse ad acquistare i diritti televisivi di un campionato di calcio di serie A che non sia effettivamente spettacolare ed equilibrato? E senza diritti televisivi si può sperare di competere per ingaggiare calciatori forti? Siamo sinceri, il talento va dove stanno i soldi e non altrove, in ogni settore. Siamo certi (non me ne voglia nessuno, per carità…) che la salita in serie A di Carpi e Frosinone, simpaticissime e meritevoli realtà locali, serva allo scopo? La promozione di Carpi e Frosinone aumenta il livello tecnico e di conseguenza lo spettacolo rendendo la serie A un prodotto appetibile per chi fa comunicazione? Notate bene: non è raro che una società possa fare il doppio salto in alto (dalla Lega Pro alla B e l’anno dopo alla serie A) mantenendo immutata la squadra da un anno all’altro, cioè senza rinforzarsi.

Secondo voi è sintomo di innalzamento o abbassamento del livello tecnico? Se con la squadra con la quale si vince in Lega Pro si riesce anche salire in serie A è troppo forte chi viene dalla Lega Pro oppure sono scarsi quelli già stavano in serie B? E questo può generare secondo voi un incremento del livello tecnico e perciò fare selezione? Ragionate un attimo a mente fredda, senza farvi prendere dall’odio razziale nei miei confronti e poi ditemi.

Ho parlato di Carpi e Frosinone, aspettiamo la terza promossa: lo Spezia? Non cambia il discorso, così come con Avellino, Livorno, Pescara. Detto questo, andiamo oltre.

Dal mio piccolo punto di osservazione, mi sento di poter affermare che non possiamo più permetterci:

  • una serie A con 20 squadre;

  • una serie B con 22 squadre;

  • una Lega Pro con 60 squadre (più o meno).

La soluzione è una riforma urgente dei campionati, riforma che dovrà essere ben spiegata alla gente e ai tifosi, perché nessuno si senta defraudato o derubato di qualcosa.

A mio parere, la serie A che meglio si adatta a noi è quella a 16 squadre. Ciò si potrebbe ottenere nell’arco di due stagioni, con 3 retrocessioni ed una sola promozione dalla serie B per due anni di seguito. I vantaggi di una serie A siffatta sarebbero notevoli. Le giornate giocate passerebbero da 38 a 30: le 8 risparmiate si potrebbero utilizzare in occasione di importanti partite della Nazionale (qualificazioni Mondiali ed Europei), per organizzare i tanto desiderati stages invernali oppure quella che una volta era la tournee di fine stagione (2-3 partite amichevoli ma di impegno contro avversari tosti). Oppure, si potrebbero utilizzare in inverno, quando giocare diventa un problema per via dei campi gelati. In tal modo si consentirebbe alle società di riservare del tempo in più agli allenamenti ed al recupero degli infortunati. Con 8 partite in meno, non servirebbero le rose gonfiate di 28-30 calciatori a libro paga. Ne sarebbero sufficienti 22, con 3 portieri e 19 giocatori di movimento. La rosa allargata sarebbe limitata alle squadre che partecipano alle Coppe Europee. I bilanci ne trarrebbero sicuramente beneficio, liberando risorse per gli investimenti.

Coppe, appunto. Dovendo assegnare due posti in Champions League, dovrebbero andare a chi vince il campionato e a chi vince la Coppa Italia, venendo così premiato il merito di chi vince qualcosa. Adesso, se vinci la Coppa Italia vai in Europa League, se invece arrivi secondo a 50 punti dalla prima, vai in Champions League direttamente… Sugli altri eventuali posti da assegnare non credo sia difficile trovare un meccanismo gradito a tutti (3° posto, 4° posto, e giù a scendere, ecc.) così come per le sedie in Europa League.

A regime, ci sarebbe una sola retrocessione in serie B. Scende la peggiore, senza dubbio. In tal modo, anche squadre che giocassero una stagione in bassa classifica, sapendo comunque di non rischiare la retrocessione potrebbero permettersi di far debuttare e far giocare in maniera continuativa uno o due Primavera con evidenti ricadute sulle Nazionali.

Dietro questa Serie A, una serie B su 4 gironi di 16 squadre ciascuno, definiti su base interregionale. Ipotizzo un girone Lombardo-Piemontese-Ligure-Emiliano, per esempio, o un girone Siciliano-Calabro-Pugliese-Campano. Ma di soluzioni di questo tipo ce ne sarebbero molte. Ciò consentirebbe di realizzare gli stessi vantaggi descritti per le squadre di serie A, con l’aggiunta della notevole diminuzione dei costi di gestione relativi alle trasferte che si ridurrebbero di numero e inoltre si accorcerebbero di molto.

Per la promozione, la prima classificata di ogni girone (perciò le migliori 4) disputerebbero ai play-off l’unico posto disponibile in serie A (partita secca sia in semifinale che in finale, in città unica che cambia ogni anno, tipo Final Four con grande copertura televisiva nazionale…): salirebbe così la migliore delle 4 (cioè la migliore di 64).

Le ultime due di ogni girone (le peggiori, pertanto) retrocederebbero in Serie C, o D, o dove volete voi, a quel punto siamo a livello puramente Regionale.

La formazione dei 4 giorni si otterrebbe con una sola stagione di qualificazione, sommando:

  • le 22 squadre della serie B attuale;

  • altre 42 squadre prese dai 3 gironi di Lega Pro (che sarebbe così abolita) sulla base della classifica.

Resterebbero così escluse soltanto 18 squadre, in pratica le ultime 6 di ogni girone di Lega Pro. Le peggiori, in buona sostanza.

Verrebbe premiato il merito, finalmente. Chi può, va avanti, chi non può, sta dietro e attende il suo momento, se verrà, altrimenti si accontenta.

Difficile? No, non credo.

Irrealizzabile? Nemmeno.

Incomprensibile? Al contrario, facilissima.

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